Il Borgo Medievale di Torino è uno dei più significativi prodotti di una corrente culturale, il neomedievismo ottocentesco, che, pur con forme e finalità differenti, ha lasciato in tutta Europa importanti testimonianze nell'architettura, nelle arti, nella letteratura e nel gusto e che ebbe particolare fortuna a Torino e in Piemonte. L'interesse per il medioevo, già vivo nel Settecento, si caricò di nuovi significati con la Restaurazione quando le corti europee, anche come risposta alla condanna illuministica, ricercarono nell'età di mezzo la legittimazione del proprio potere; in questo clima re Carlo Felice di Savoia, per esaltare la storia della famiglia e sottolinearne l'autorevolezza nei secoli, avviò (1824) la ricostruzione dell'Abbazia di Hautecombe in Savoia. (Liberamente tratto da Renato Bordone, Lo specchio di Shallot. L'invenzione del Medioevo nella cultura dell'Ottocento, Napoli, 1993).
Il Borgo Medievale è un caso unico all'interno del panorama artistico torinese, più simile ad un sito archeologico o monumentale che ad un museo in senso stretto formato da collezioni incrementabili. In effetti il complesso non nacque come museo, ma come padiglione dell'Esposizione generale italiana artistica e industriale, che si svolse a Torino dall'aprile al novembre del 1884. Mentre la Rocca, il castello, fu costruita per durare nel tempo, il villaggio era destinato alla demolizione, una volta che la manifestazione fosse terminata.
L'enorme successo ottenuto dal complesso fece sì che esso fosse acquistato dalla Città di Torino a fine manifestazione, entrando a far parte dei Musei Civici solo molto più tardi (le carte amministrative dicono dal 1942) e, dal 2003, della Fondazione Torino Musei.
Il 26 aprile 1884 si aprì a Torino nel Parco del Valentino l'Esposizione generale italiana artistica e industriale. Essa si collocava nella scia delle grandi manifestazioni di respiro internazionale, che intendevano promuovere la produzione industriale ancora agli albori in Italia. I modelli erano l'Esposizione di Londra del 1851 e quella di Parigi del 1878.
Si trattava di grandi eventi che fruivano di finanziamenti pubblici e che fondevano i caratteri della fiera-mercato tradizionale con quelli della presentazione di nuovi prodotti, e quelli ancora della mostra.
Queste manifestazioni, volte essenzialmente al futuro, all'innovazione, agli scambi di livello internazionale, erano però sempre corredate da padiglioni o strutture che illustravano la produzione artistica e architettonica dei secoli passati e delle più svariate civiltà.
Torino visse l'attesa dell'Esposizione del 1884 con grandi aspettative di rinascita economica per una città che aveva perso da due decenni il ruolo di capitale ed era in cerca di una nuova identità. Il successo dell'iniziativa fu notevole e ad esso concorse la presenza di un "padiglione" molto particolare: il Borgo e la Rocca medievali.
L'Esposizione torinese si propose di offrire una sezione artistico-architettonica; a questo scopo fu costituita la Sezione di Arte Antica, una commissione interdisciplinare formata da letterati, storici, artisti, architetti, archivisti, esperti di oggetti d'arte, che iniziarono a riunirsi nel gennaio del 1882, sotto la presidenza di Ferdinando Scarampi di Villanova, per elaborare un progetto di padiglione. I lavori subirono una accelerazione e una svolta dal maggio 1882, quando entrò a far parte della Commissione Alfredo D'Andrade, facoltoso portoghese studioso dell'architettura italiana, in particolare di quella medievale. Fu definitivamente abbandonata l'idea di un padiglione che riprendesse stili architettonici di diverse epoche e regioni d'Italia, a favore di un progetto che si rifacesse ad un solo secolo (il Quattrocento) e ad un unico territorio culturale (la Valle d'Aosta e il Piemonte). Iniziarono così le ricerche preliminari alla realizzazione del Borgo Medioevale, costituito da un villaggio e un castello turrito. Prodotto d'invenzione nel suo insieme, ogni elemento architettonico, decorativo e di arredo del Borgo è riprodotto con precisione filologica da modelli originali del secolo XV, rintracciabili all'epoca in Piemonte e Valle d'Aosta, rilevati e studiati personalmente dai componenti della Commissione.
Un Borgo colla dominante Rocca
La singolare realizzazione del Borgo Medioevale fu un prodotto della cultura positivista imperante nell'ultimo quarto dell'Ottocento, ma rifletteva anche l'attenzione al manufatto antico, alla cultura materiale del Medioevo, di cui Alfredo D'Andrade e Vittorio Avondo (anch'egli membro della Commissione) avevano già dato prova nel recupero e restauro di alcuni castelli valdostani, in particolare quello di Issogne, acquistato da Avondo nel 1872.
L'immane lavoro di reperimento e riproduzione dei modelli procedette a ritmo accelerato: il 12 dicembre 1882 si pose la prima pietra della Rocca (il castello), il 6 giugno 1883 si pose la prima pietra del villaggio, il 27 aprile 1884 il Borgo venne inaugurato alla presenza dei sovrani d'Italia, Umberto e Margherita di Savoia.
La Rocca era visitabile all'interno e i suoi ambienti completamente arredati riproducevano una dimora signorile del XV secolo; le case del villaggio erano poco più che quinte teatrali, fatta eccezione per la Casa di Avigliana, che ospitava la biglietteria e gli uffici, e per la Casa di Borgofranco, dove era ambientata la taverna con l'attiguo ristorante San Giorgio.
Sotto i portici si aprivano le botteghe artigianali, affidate a ditte di livello nazionale, che costituivano esempi di alta tradizione nella lavorazione della ceramica, del legno, del ferro e che animavano realisticamente la strada del villaggio.
Il Borgo Medievale è adagiato con naturalezza sulle rive del Po; l'atmosfera che si respira fra le sue case è magica e, allo stesso tempo, familiare, tutto è studiato per apparire assolutamente "vero". Grande cura e perizia furono posti nella scelta dei particolari costruttivi e vennero messi in atto tutti gli espedienti per ricevere il visitatore ed immetterlo in un mondo diverso rispetto all'ambiente circostante (nel 1884 l'Esposizione generale, in seguito il Parco del Valentino).
L'unica strada del villaggio si sviluppa tutta a zig-zag per apparire più lunga e offrire sempre nuovi scorci al visitatore; il chioccolio della fontana posta vicinissima al ponte levatoio segna uno stacco acustico per chi entra nel Borgo; le botteghe danno l'illusione di un villaggio vivo, vissuto. Molte discussioni si accesero all'interno della Commissione circa l'opportunità o meno di inserire personaggi in costume o manichini all'interno della Rocca, tanto si voleva ricreare l’illusione del “vero”. L'intento di creare un luogo pittoresco e illusivo non era però l'unica finalità che si ponevano gli ideatori del Borgo, anzi. I loro scopi erano innanzitutto didattici, educativi, di tutela del patrimonio storico-artistico piemontese e valdostano. In particolare - come si legge nel Catalogo - interessava dimostrare che cos'è uno stile (nello specifico lo stile gotico) e come esso permei di sé tutti gli aspetti della vita materiale di un'epoca; salvaguardare la qualità dell'artigianato tradizionale; incentrare l'attenzione su un patrimonio architettonico e decorativo del territorio pedemontano, che già all'epoca si avvertiva in pericolo per le rapide trasformazioni portate dalla produzione industriale.
Il gradimento del Borgo da parte del pubblico è stato vastissimo e ininterrotto. Non così la sua fortuna critica.
Fino agli anni Trenta del 1900 le finalità per cui il Borgo era stato realizzato erano ancora perfettamente comprese e condivise dall'ambiente culturale torinese. Ugualmente le tecniche architettoniche e la lavorazione dei materiali messe in atto al Borgo risultavano ancora in sintonia con quelle seguite dagli artigiani e decoratori torinesi degli anni fra le due guerre.
L'atteggiamento cambiò nel Secondo dopoguerra. In considerazione dei rilevanti danni derivati dai bombardamenti (venne colpita la parte sud del Borgo, con conseguente distruzione di parte della Rocca e della casa di Ozegna) fu addirittura ventilata l'ipotesi della demolizione del Borgo, poi fortunatamente abbandonata. Le finalità e gli scopi che avevano guidato gli ideatori non furono più capiti e il Borgo venne sempre più interpretato come un "falso".
Il 1981 segna un'inversione di tendenza. E' infatti l'anno della mostra "Alfredo D'Andrade. Tutela e restauro", primo significativo segno del rinnovato interesse della critica per il neomedievismo piemontese della seconda metà dell'Ottocento. A partire da questa data il Borgo ritrova il giusto posto nel panorama culturale della città, anche grazie al suo uso mirato come sede di manifestazioni e eventi e alla ripresa di un’intensa attività editoriale e culturale. Oggi, il Borgo può essere considerato un museo a cielo aperto che vede transitare al suo interno oltre 500.000 persone all’anno. Di queste, oltre 50.000 visitano la Rocca e il Giardino, il cui ingresso è regolamentato dall’emissione di un biglietto a pagamento. Il Borgo è, più volte nel corso dell’anno, sede di mostre temporanee all’aperto e nella sala mostre, nascosta dietro la facciata della chiesa: anche queste, legate a tematiche quali la città di Torino, il medioevo o il neomedievismo, godono di un buon successo di critica e di pubblico.
Sull'unica via che percorre il villaggio si aprono alcune botteghe che sono le eredi delle attività artigianali introdotte nel Borgo fin dal 1884. La presenza delle botteghe era finalizzata a valorizzare l'artigianato tradizionale di qualità in un momento in cui l'avviato processo di industrializzazione ne metteva in forse la sopravvivenza. All'inaugurazione del Borgo vi erano la bottega del vasaio, della tessitrice, dello speziale, del falegname, del fabbro, del ramaio, la bottega in cui si riproducevano oggetti artistici, l'"Osteria all'usanza antica" (con cibi medievali) e "l'Osteria all'usanza moderna" (con cibi contemporanei). Oltre alle botteghe, nei mesi di apertura dell’Esposizione del 1884 si trovavano anche negozi di rivendita di prodotti, per imitare la vita di un vero villaggio medievale. E, infatti, i bottegai e gli artigiani erano vestiti in costume d’epoca. Oggi sono presenti le botteghe del fabbro e dello stampatore, oltre a un negozio di souvenir. Sono in corso di esecuzione i lavori per l’installazione di un bar e di un ristorante.
Il Catalogo Ufficiale del 1884
La realizzazione del Borgo fu completata dalla Commissione preposta con la stesura di uno specifico catalogo uscito contemporaneamente all'Esposizione e intitolato: Catalogo ufficiale della Sezione storia dell'arte. Guida illustrata al castello feudale del secolo XV, stampato dalla tipografia Bona di Torino. Il catalogo non è una guida in senso stretto ma piuttosto uno strumento di studio e approfondimento che fornisce delle chiavi interpretative del complesso. È formato da tre sezioni di cui sono autori tre membri della Commissione: rispettivamente Giuseppe Giacosa, Alfredo D'Andrade e Pietro Vayra. Giacosa scrisse l'Introduzione, in cui analizzava le motivazioni più generali e profonde che hanno portato alla realizzazione del Borgo. Alfredo D'Andrade fu autore del capitolo su Le fabbriche: qui sono indicate le ragioni che hanno portato alla scelta di ciascun edificio e di ciascun elemento architettonico analizzando anche i modelli da cui sono stati tratti e i metodi costruttivi utilizzati. Infine Pietro Vayra scrisse de La rocca, esaminando gli arredi e le suppellettili del castello e trattando analiticamente dei modelli e delle fonti documentarie che sono state alla base della loro realizzazione. La ristampa anastatica del catalogo è, oggi, disponibile, presso la biglietteria del Borgo Medievale.
SEDUTE DELLA SEZIONE:
159
POSA DELLA PRIMA PIETRA DELLA ROCCA:
12 dicembre 1882
POSA DELLA PRIMA PIETRA DEL BORGO:
6 giugno 1883
SUPERFICIE DEL BORGO MEDIEVALE:
8.550 mq (di cui 2.750 area coperta)
INAUGURAZIONE:
Il 27 aprile 1884 alla presenza dei sovrani d'Italia, Umberto e Margherita di Savoia.
VISITATORI DURANTE L'ESPOSIZIONE:
216.506
LOCALITÀ IN CUI SI TROVANO GLI EDIFICI CHE ISPIRARONO IL BORGO E LA ROCCA:
41
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